LEONARDO DA VINCI 15.04.1452

    Le opere che Leonardo da Vinci ha lasciato sono la testimonianza della sua genialità. Ma sulla sua vita privata, gli esperti cercano ancora risposte.

    La vita di Leonardo da Vinci è sempre stata una caccia al tesoro senza fine, per gli esperti. Il genio toscano, che nasceva a Vinci, un paesino toscano vicino a Empoli, il 15 aprile 1452, morì a 67 anni lasciando dietro di se brillanti intuizioni, capolavori artistici e una montagna caotica di appunti e disegni. Ma anche molti interrogativi. Realizzò lui la Sindone? Venne perseguitato da una maledizione? Lavorò come spia? Di certo sappiamo che fu eclettico, al limite della schizofrenia. Pittore, scienziato, naturalista, ingegnere, architetto, meccanico, scenografo, scrittore, costumista, musicista e impresario: Leonardo fu un uomo estremamente curioso, che annotò qualunque cosa gli passasse per la mente. Tranne ciò che riguardava la sua sfera privata.

    FIGLIO ILLEGITTIMO. È infatti il nonno Antonio a informarci della sua nascita a Vinci. Il bambino era il figlio illegittimo di ser Piero, un notaio fiorentino, donnaiolo, e di Caterina. Di lei non conosciamo con certezza né il cognome né l'origine, ma è documentato il fatto che cinque anni dopo lasciò che il piccolo andasse a vivere con il padre. Da illegittimo, Leonardo non poteva aspirare a seguire la carriera di ser Piero, ma l'uomo ebbe il merito di intuire le eccezionali doti artistiche del figlio. Grazie alle sue conoscenze, il padre lo fece entrare da apprendista in uno dei laboratori artistici più grandi e rinomati di Firenze: la bottega di Andrea del Verrocchio. Il ragazzo  - era circa il 1469 - diventò presto il prediletto del maestro: merito della sua immensa bravura, ma anche, pare, del suo bell'aspetto. L'omosessualità, all'epoca, era in teoria condannata, ma in realtà molto praticata. E non di rado, fra le pagine dei codici di Leonardo, insospettabili disegnetti scabrosi sembrano farvi riferimento. Scriveva nel 1508 a proposito del membro maschile: "si dovrebbe ornare e mostrare con solennità, come ministro dell'umana spezie". E quel "ministro" a volte compariva tra i suoi appunti, ritratto in pose "solenni" al punto da far pensare che l'autore prediligesse i rappresentanti del suo stesso sesso a quelli del sesso opposto.

    L'ACCUSA DI SODOMIA. Ma Leonardo era davvero omosessuale, come vuole una tradizione nata nel XX secolo? I due giovani allievi preferiti, Gian Giacomo Caprotti (detto il Salai) e Francesco Melzi, furono davvero suoi amanti? Prove certe o ammissioni non ne sono state trovate, finora. Rimane pero un'accusa di sodomia datata 1476 e archiviata perché anonima. All'epoca erano due anni che il ragazzo prodigio non dipingeva e ce ne sarebbero voluti altri due prima che tornasse a farlo. Disamore? Nuovi interessi scientifici (e non)? 

    In generale, diversi storici riconoscono a Leonardo una certa discontinuità lavorativa. Diverse sue opere rimasero incompiute o vennero rifiutate dai committenti. In mancanza di documenti, la letteratura ha trasformato questi strani "fallimenti" in una maledizione che avrebbe accompagnato il pittore fin dagli esordi. "Si trattò invece spesso del segnale di un ambiente che non riuscì ad apprezzare subito le sue idee innovative", sostiene lo storico dell'arte Costantino D'Orazio, nel suo saggio Leonardo segreto (Sperling&Kupfer).

    ERETICO? È indubbio, però, che nella sua carriera, oltre all'eccessiva voglia di sperimentare, un certo peso lo ebbe anche la sfortuna. Come nel caso del Cenacolo. Ci lavorò tra il 1495 e il 1498, su commissione del duca di Milano, Ludovico Sforza. Ma come al solito fece di testa sua e scelse di dipingere su intonaco secco, invece che "a fresco", per poter lavorare senza fretta e continuare a seguire gli altri suoi innumerevoli interessi. Alla fine, l'umidità della parete del refettorio del Convento domenicano di Santa Maria delle Grazie gli presentò il conto. Se non l'immagine, almeno la fama dell'opera rimase comunque inviolata nei secoli. E, complici alcuni romanzi di fiction storica, tra cui Il codice da Vinci di Dan Brown e La Cena segreta di Javier Serra, finì per dare a Leonardo la nomea di eretico.

    Serra, in particolare, ha ipotizzato che il maestro di Vinci fosse un sostenitore dell'eresia catara (diffusa in Europa tra X e XIV secolo), di cui il Cenacolo conterrebbe alcuni simboli. C'e anche chi ha visto, nella sua predilezione per la figura di san Giovanni Battista, un indizio dell'adesione alla setta dei giovanniti (i cavalieri dell'Ordine di Malta devoti a San Giovanni). Tuttavia, ci dice Vasari, da buon uomo di scienza Leonardo non aveva particolare simpatia per la religione. Attualmente, comunque, non esistono dati per ricostruire il suo pensiero circa la dottrina cattolica.

    IL GIALLO DELLA SINDONE. E neppure per sostenere che la Sindone di Torino sia opera sua. L'idea che il telo di lino che avrebbe avvolto il corpo di Cristo nel sepolcro, conservandone l'impronta, possa essere una creazione del genio toscano è di due "detective del mistero": Lynn Picknett e Clive Prince. Il volto della Sindone, fa loro eco l'artista americana Lillian Schwartz, sarebbe proprio un autoritratto di Leonardo. Nessuno di loro sembra dare troppa importanza al fatto che le fonti storiche e il radiocarbonio datino il lenzuolo a un periodo precedente di uno o due secoli la nascita di da Vinci. 

    Oltre a quella di falsario e di eretico, Leonardo ha collezionato anche un'altra identità. La sua biografia racconta che nel 1502 abbandono Firenze per rispondere alla chiamata di Cesare Borgia: il famigerato duca di Valentinois lo aveva nominato suo ingegnere militare, mentre combatteva per conquistare parte dell'Italia Centrale. E c'è chi sospetta che in realtà Leonardo sia passato al servizio di questo audace condottiero con l'incarico di inviare informazioni segrete alla Repubblica fiorentina.

    L'ULTIMO MISTERO. Fu una spia? «In effetti, nei mesi che lo vedono al fianco di Cesare Borgia, l'artista non sembra realizzare le grandi opere militari per cui è stato assoldato», azzarda D'Orazio. La sua esperienza da 007 si sarebbe comunque conclusa in meno di un anno. Dopo di allora lo troviamo di nuovo a Firenze, Milano e infine a Roma. Nel 1517, traslocò per l'ultima volta, ad Amboise (Francia), dove il re Francesco I lo nominò "primo pittore, architetto e ingegnere reale". Il sovrano gli conferì uno stipendio annuo di un migliaio di scudi e vitto e alloggio nel maniero di Cloux (oggi Clos-Luce) oltre a un'ammirazione confinata.

    Ma la felicita durò solo due anni. Ammalatosi, vecchio e malconcio, morì otto giorni dopo aver fatto testamento: era il 2 maggio 1519. Venne sepolto dove aveva chiesto, nella vicina cappella della chiesa di Saint Florentine. E qui si consuma l'ultimo mistero del genio toscano. Probabilmente i suoi resti andarono persi durante la ribellione calvinista del 1560, ma nel 1863 il poeta francese Arsene Houssaye convinse tutti di averli rinvenuti tra le rovine della chiesa, insieme a tre frammenti di una lapide, con le scritte parziali "INC", "LEO" ed "EU DUS VINC". Quelle ossa oggi si trovano nella vicina cappella di Saint-Hubert: ma si tratta davvero delle sue spoglie? "La verità è figlia del tempo", ha scritto Leonardo da Vinci. 

    A cura della Redazione "Condividiamo"


     
    INSEGUI LA FELICITÀ: IL MAGO DI OZ

    Il meraviglioso mago di Oz è una favola moderna scritta dal L. Frank Baum nel 1900 e diventata famosa ai più anche grazie al celebre film “Il mago di Oz” del 1939.

    La storia racconta le vicende della piccola Dorothy che vive con i suoi zii nel cuore delle grandi praterie del Kansas ma, a causa di un forte uragano, si trova scaraventata assieme al suo cane Toto nel regno di Oz.

    Lì incontrerà Glinda, una strega buona che, grata dell’aiuto ricevuto da un’inconsapevole Dorothy nello sconfiggere la cattiva strega dell’Est, le regala le scarpette di quest’ultima e le consiglia di recarsi nella Città degli Smeraldi dove abita il mago di Oz.

    Questo potentissimo mago, con i suoi poteri, potrà ricondurla a casa.

     

    Lungo il suo cammino Dorothy si imbatte in tre personaggi: uno spaventapasseri, che sogna di aver un cervello per poter pensare ed essere intelligente, un uomo di latta, che desidera un cuore per poter tornare ad amare, e un leone codardo che vorrebbe essere più coraggioso.

    Uno alla volta essi si uniranno a Dorothy nel viaggio che li condurrà dal mago di Oz per chiedere di avere ciò che loro manca e, lungo il loro cammino, vivranno insieme numerose avventure che li costringeranno a mettersi in gioco e a scoprire nuovi e diversi lati di sé stessi.

    Il mago di Oz è una storia che, come in tutte le storie che raccontano di un viaggio o di un percorso intrapreso dai protagonisti, ci ricorda che il vero tesoro si racchiude non tanto in ciò che si trova alla fine del proprio cammino, ma in quello che si raccoglie durante, nelle esperienze che si vivono e nelle relazioni che si stringono.

    La forza di questo racconto sta nel valorizzare ciò che abbiamo dentro di noi anziché cercarlo al di fuori: quel fantomatico mago si rivelerà essere soltanto un ciarlatano che, pur volendo, non avrebbe potuto dare a nessuno di loro quanto richiesto, semplicemente perché lo possedevano già.

    A differenza quindi di tante favole, qui non avviene alcuna “magica trasformazione”, ciò che avviene invece è una presa di consapevolezza di ciò che si è e delle proprie potenzialità: basta solo darsi la possibilità di mettersi in gioco, mettere in campo ciò che si è uscendo dalla propria zona di confort e dai limiti che ci siamo costruiti.

    Nessuno però si salva da solo, è bene ricordarlo, e infatti ciò che aiuta i protagonisti a far brillare le proprie qualità è il valore dell’amicizia che li spinge a migliorare e li sostiene e incoraggia nelle difficoltà.

    Anche la piccola Dorothy alla fine riesce a tornare a casa, battendo i tacchi delle sue luccicanti scarpette e pronunciando la celeberrima frase “nessun posto è bello come casa mia”. Perché è vero, nessun posto è bello come il proprio nido, ma per capire quanto siano preziosi i valori di casa nostra è necessario aver provato ad allontanarsi, aver esplorato, essere caduti e aver trovato il modo per risollevarsi.

    E solo allora ci accorgeremo chela nostra casa è sempre stata con noi e possiamo tornarci quando vogliamo, basta solo desiderarlo davvero, farsi ispirare da un pizzico di magia e non aver paura di tutti gli uragani che incontreremo perché, alla fine, ci sarà sempre un arcobaleno.

    Alcune curiosità:

    • Le celebri scarpette color rubino che Dorothy indossa nel film, nella storia scritta da Baum sono in realtà argentate. Il colore rosso fu preferito in quanto risaltava maggiormente sullo schermo a colori.
    • La canzone “Over the rainbow” (più conosciuta come “Somewhere over the rainbow”) nella versione originale è cantata da Judy Garland proprio per il film Il mago di Oz.
    • Il motore di ricerca Google ha omaggiato “Il mago di Oz” creando un simpatico effetto che si attiva cliccando sulle scarpette magiche. Provate!

    Audiolibrohttps://www.raiplayradio.it/playlist/2018/02/Radio3-Memoradio-Il-mago-di-Oz-ceb8205d-cfcb-4bd6-a1bf-45adf27f84db.html

    A cura di Sara Favero


    VILLA GODI MALINVERNI

    Villa Godi Malinverni è una delle prime opere documentate del Palladio, situata a Lonedo di Lugo di Vicenza e commissionata all’architetto dai fratelli Gerolamo, Pietro e Marcantonio Godi nel 1537.
    Rappresenta il primo tentativo del Palladio di costruire una nuova tipologia di residenza in campagna mettendo appunto tecniche costruttive che si distaccano dal preziosismo decorativo tipico della tradizione quattrocentesca. Il risultato è un edificio lineare, con la facciata posta a ponente. Una gradinata porta all’atrio che dà a due piccole terrazze. Una sala centrale divide la villa in due ali simmetriche composte da carie sale affrescate dal Zelotti, dal Battista del Moro e da Gualtiero Padovano.

    La Villa è circondata da giardini all’inglese nella parte anteriore, mentre nella parte posteriore si estende un parco secolare con giardini all’italiana, laghetti e immensi spazi verdi aperti al pubblico. Contiene inoltre il Museo dei Fossili, fondato nella metà dell’Ottocento, dove si può ammirare la palma fossile più lunga del mondo (9 Metri).
    La Villa è inserita nella World Heritage List dell’Unesco ed i suoi giardini sono aperti al pubblico tutto l’anno il martedì pomeriggio, sabato mattina, domenica e festività tutto il giorno.


    LA PASSIONE DI CRISTO NELLE OPERE DEL CARAVAGGIO

    Michelangelo Merisi detto Caravaggio nasce a Milano verso il 1571, la data non è sicura. Inizialmente si pensava che l’artista fosse nato a Caravaggio un paese vicino a Bergamo di cui era originaria la sua famiglia.

    Trascorre la sua infanzia a Milano dove la sua formazione è influenzata dal colorismo veneto e dall’importante figura del Cardinale Borromeo. All’inizio della sua attività si trasferisce a Roma e lì inizia a lavorare nella grande bottega del cavalier D’Arpino, bottega tra le più grandi dell’epoca dove gli artisti erano smistati per genere: ritratti, nature morte, paesaggi… Il Caravaggio in questa scuola si specializza nella natura morta.

    Nell’ambiente romano viene notato e accolto dal Cardinale del Monte che diventa il suo mecenate e dal quale viene introdotto nell’ambiente delle committenze.

    Tra il 1599/600 gli viene assegnata una committenza pubblica nella cappella Contarelli, all’interno della chiesa di San Luigi dei Francesi. Per questa cappella Caravaggio dipinge 3 tele (Caravaggio non usa mai la tecnica dell’affresco). Queste tele hanno come soggetto le storie dell’apostolo Matteo: il martirio, la vocazione e San Matteo con l’Angelo.

    Dopo questa commissione pubblica ne segue un’altra in Santa Maria del Popolo nella cappella Cerasi, anche qui avremo altre due tele con tema simile alle precedenti: la vocazione di San Pietro e la morte di San Pietro. Accanto a queste opere pubbliche continua a dipingere tele come “ Morte della Vergine”, “ San Gerolamo” ecc…Mentre si affermava come artista conduceva una vita disordinata, un po’ immorale, dipingeva giorno e notte fino allo stremo e passava da una taverna all’altra ubriacandosi. Aveva anche un carattere rissoso, ribelle e nel 1606 uccide un suo rivale in una disputa dove lui rimane ferito. Gli ultimi quattro anni della sua vita li passa così fuggendo da Roma spingendosi sempre più lontano perché si sente braccato. Va a Napoli, poi si rifugia a Malta, dove crea ancora disordini, poi va in Sicilia. Durante queste sue fughe viene aiutato da diverse persone che lo stimavano come artista nonostante la sua vita dissoluta e che cercheranno anche di fargli avere la grazia.

    Dalla Sicilia torna a Napoli e poi va in Toscana. Morirà nel 1610 di malaria poco prima di ricevere la grazia. 

    A cura di Federica Comunello


    VILLA CORDELLINA

    E’ situata a Montecchio Maggiore ( VI) ed è stata eretta per volontà dell’avvocato Carlo Cordellina Molin. Il disegno è dell’architetto Giorgio Massari, che si ispirò ai moduli palladiani. I lavori di costruzione sono iniziati nel 1735 e si sono conclusi nel 1742 per la villa, mentre le barchesse sono state portate a termine nel 1760. La villa è stata costruita in una zona priva di acqua che invece era indispensabile per il progetto dell’architetto che prevedeva vasche, prati e fontane. Per far fronte a questo problema l’avvocato fece confluire nella zona l’acqua del vicino colle, rendendo così prospera tutta la zona di Montecchio.

    All’interno si possono ammirare gli affreschi di Giambattista Tiepolo eseguiti nell’autunno del 1743.

    La villa è rimasta proprietà della famiglia Cordellina fino ai primi decenni dell’Ottocento, poi è diventata sede di allevamento di bachi da seta e poi un collegio. Nel 1954 la Villa è passata al conte Gaetano Marzotto e poi alla famiglia Lombardi nel 1954 che promosse un’imponente opera di ristrutturazione della villa. Oggi la Villa è proprietà della Provincia di Vicenza che ha provveduto a riportare in luce l’edificio e a risistemare gli edifici.

    La villa è attualmente utilizzata come sede di rappresentanza della Provincia di Vicenza, la quale ha continuato l'opera di restauro intervenendo sugli affreschi del Tiepolo. Il complesso della villa è utilizzato per convegni, concerti ed attività culturali.


    Via Campo Marzio,32
    36061 Bassano del Grappa (VI)

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    Assessorato alla Cultura

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