ARRABBIARSI È UN GESTO D’AMORE

    ARRABBIARSI È UN GESTO D’AMORE

    La scorsa settimana, dopo aver parlato delle regole di come farle funzionare ci siamo lasciati con questa frase: arrabbiarsi è una grande dimostrazione d’amore. Può suonare strano, non è così?

    Partiamo da lontano. Spesso mi trovo a chiedermi da dove arrivino le parole, perché usiamo un suono per definire un concetto, in questo caso un’emozione. Rabbia. Chissà com’è nata questa parola, breve ma incisiva, chiara e quasi tagliente. Si definisce da sé, già suggerisce qualcosa della sua stessa definizione.

    Ecco quindi: dal latino RABI-ES, che si connette a una radice a cui fanno riferimento anche in sanscrito rabh-ate, agire violentemente, infuriare, e rabhas, impeto.

    La rabbia è quindi un violento trasporto di collera, dispetto.

    Fin qui nulla di strano.

    Impeto. Di cosa si tratta?

    Google dice si tratti di questo: Improvviso moto dell’animo che, acceso da una passione o da un forte sentimento, determina la volontà e spinge ad agire senza dar tempo alla riflessione. Bene. Proviamo a rileggere questa breve frase, è chiaro che non ci sia richiesto un enorme sforzo per individuare l’affinità che c’è con il sentimento d’amore, no? Ecco quindi che abbiamo trovato il comune denominatore fra rabbia ed amore e siamo pronti ad analizzare il motivo per il quale la rabbia possa essere una grande dimostrazione d’amore.

    La nostra impostazione culturale ed affettiva tende ad orientarci nel categorizzare le emozioni in buone e cattive, positive e negative; classificando spesso la rabbia come una emozione non positiva, non funzionale, e talvolta, da reprimere ed evitare. Al pari di tutte le altre emozioni, però, la rabbia rappresenta uno stato affettivo lecito e funzionale all’espressione di un proprio stato interno. Ciò che potrebbe invece non risultare ottimale e funzionale, è il modo in cui questa viene espressa, a volte con aggressività, uso smisurato della forza e difficoltà di controllo dei propri impulsi.

    Nel bambino in età prescolare (0-5 anni) la percezione, l’elaborazione e l’espressione della rabbia si evolvono con modalità caratteristiche. E’ proprio in questo periodo di vita che il bambino ha la possibilità di sperimentare le prime emozioni legate alla rabbia e all’aggressività e i diversi modi in cui riesce ad esprimere tali sensazioni, ed in questo modo incontra la possibilità di consolidare l’uno o l’altro modo per esprimersi e gestire il proprio sentire. L’accompagnamento educativo da parte dei genitori in questo particolare periodo di vita può rappresentare la risorsa rispetto alla quale il bambino può fare riferimento per sviluppare modalità di regolazione e gestione della rabbia quanto più adeguate, per crescere consolidando un modello di regolazione emotiva funzionale.

    Ecco la consueta estrema sintesi che riporto a termine delle riflessioni: dagli 0 ai 5 anni il bambino sperimenta la rabbia ed impara come arrabbiarsi e come sia meglio farlo.

    In particolare, è bene sottolineare come nel bambino in età prescolare, come per gran parte della sua infanzia, la corporeità rappresenti il principale veicolo di comunicazione ed interazione con il mondo, e per questo è possibile che il piccolo fatichi a “trovare le parole” per esprimersi e comunicare all’altro le proprie emozioni, e, soprattutto quando l’emozione scaturisce in modo repentino, veicoli la comunicazione su un piano prettamente non verbale e visibilmente corporeo: abbiamo capito cosa sia un impeto, no?.

    Ecco che può accadere che il bambino urli e strepiti senza dirci una parola, tiri calci e si dimeni, lanci e tenti di rompere, schiacciare, tirare, spingere ciò che si trova davanti…avete capito di cosa sto parlando immagino, non serve che continui la lista. In tale modo il bambino esprime forza ed aggressività che molto spesso rischiano di spaventarci e soprattutto di spaventarlo, ma anche di metterci in imbarazzo.

    Vi dico però che se l’impulsività e l’impeto appunto, possono inizialmente spaventare, in un secondo momento possono invece determinare l’emergere del senso di colpa, determinando un mix di emozioni considerevole ed articolato…soprattutto se si hanno 3,4,5 anni!

    Agire a livello educativo significa permettere al bambino di sperimentare in un contesto protetto le proprie variazioni tonico-emotive, perché come abbiamo detto: la rabbia passa e si esprime attraverso il corpo; la propria forza, la propria voce, senza paura, senza spavento e senza giudizio, anche per le modalità più brusche, rassicurato dalla presenza del genitore che si fa contenitore di emozioni e affetti, per restituire una immagine di sè sempre più capace di controllare il proprio corpo, la propria “pancia” e la propria mente, per non essere sopraffatti dal “drago della rabbia”.

    Ma in questo senso è bene fare una precisazione: comprendere non significa accettare o giustificare ogni comportamento. Anzi. Comprendere un bambino significa offrire lui una dimostrazione del nostro rispetto, della nostra accoglienza e della nostra sospensione del giudizio nei suoi confronti. Ed è per questo che in questo modo dimostriamo lui di comprendere il suo punto di vista e il suo sentire, ma che a dispetto di questo non intendiamo permettergli di rimanere ingabbiato in modo esclusivo all’interno del proprio sentire, accompagnandolo a conoscere nuovi modi e nuovi strumenti.

    Ecco quindi che venendo a concludere è possibile ritornare alla nostra premessa: arrabbiarsi è una dimostrazione d’amore. Lo è, per un bambino in particolare, perché significa concedersi la libertà di perdere il proprio controllo, sperimentare l’impeto e la mancanza di contatto con la razionalità che questo comporta e lasciarsi guidare da chi abbiamo accanto: da mamma e papà, nella piena consapevolezza e fiducia che essi sapranno restituirci un nuovo punto di vista, uno strumento adeguato a ripristinare il proprio stato emotivo, rassicurandoci e facendoci sentire forti ed autonomi.


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