
DOPO IL COVID-19
- Roberta Zonta
- per i genitori
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Dopo il COVID-19, la sindrome del prigioniero: ne soffrono un milione di italiani
Sono mesi ormai che noi italiani, come la maggior parte della popolazione mondiale, veniamo “bombardati” su notizie relative alla pandemia di Coronavirus, specialmente per quanto concerne i rischi e la mortalità del virus stesso. Le istituzioni hanno sin dall’inizio reso noto che tutti noi potevamo essere d’aiuto per arrestare la diffusione della pandemia, prima rimanendo in casa e ora uscendo poco e con le giuste precauzioni, fornendoci quindi delle responsabilità rispetto alla contagiosità e alla diffusione della malattia.
Ma questo lo sappiamo. Ciò di cui si è parlato poco ed è emerso all’attenzione pubblica solo dopo l’ingresso nella fase 2 sono le ripercussioni psicologiche che il lockdown ha innescato.
La sindrome del prigioniero, detta anche della capanna, è un disturbo di cui oggi soffre oltre un milione di italiani: ci affidiamo ai dati resi noti dal Presidente italiano di Psicologia dell’emergenza Roberto Ferri in un’intervista rilasciata a ilfattoquotidiano.it.
Questa sindrome può essere definita come una paura intensa e disfunzionale di uscire di casa, ovvero di lasciare quel luogo che abbiamo considerato come l’unico sicuro per mesi.
I sintomi che si possono manifestare e che ci devono far allarmare sono: insonnia, irascibilità, paura e frustrazione per la situazione attuale, depressione e non solo. Ci dobbiamo preoccupare qualora questi sintomi siano persistenti nel tempo e riducano le nostre capacità funzionali quotidiane (andare a fare la spesa, a trovare congiunti, ritorno a lavoro, etc.). Spesso alla base di queste problematiche vi sono meccanismi inconsci dei quali non siamo quindi consapevoli, ma che ci “bloccano” dall’uscire dalla nostra “capanna”.
A soffrirne con maggior frequenza sono le persone che presentano pregressi disturbi psichiatrici, come disturbi d’ansia (tra cui soffrire di fobie specifiche come l’ipocondria), depressione e altro. Tuttavia questa situazione emergenziale ha colpito tutti, perciò siamo tutti potenzialmente più fragili, dagli anziani ai bambini, passando per adolescenti ed adulti. Maggiore poi è stato il contatto diretto o indiretto con il virus e maggiori sono i rischi di presentare la sintomatologia descritta: lutti o malattie in famiglia legate al Covid-19, problematiche lavorative o scolastiche, situazioni famigliare difficili da affrontare durante la quarantena, isolamento, etc. Vi sono alcuni fattori di personalità che fortunatamente “proteggono” molte persone dal manifestare questa sindrome, quali la resilienza, ovvero la capacità di resistere agli urti della vita e riorganizzarsi in conseguenza di ciò che è successo in modo flessibile.
Una nota in merito a ciò è riferita al fatto che ora la sindrome è molto diffusa, mentre in precedenza gli specialisti riportano di averla osservata prevalentemente nei pazienti ricoverati per lunghi periodi.
Questa diffusa problematica si può verificare per diversi motivi, in particolare a causa di pensieri e credenze personali che possono anche non essere consapevoli. Per riportare degli esempi, molti anziani possono manifestare paura per il mondo esterno alla casa legata alla preoccupazione di ammalarsi e morire, senza un funerale degno. Per altri la paura è di poter contagiare gli altri, soprattutto se pensiamo ai giovani nel rapporto con i nonni. In altri casi ancora la paura è legata alla nuova realtà esterna, pericolosa e diversa da ciò che ci ricordiamo: il distanziamento sociale e l’uso della mascherina (per quanto necessari) modificano la comunicazione tra le persone, che non si scambiano più strette di mano ed abbracci e delle quali non è più possibile osservare le espressioni facciali veicolate dalla bocca e dal naso, importanti segnali non verbali che da sempre accompagnano le nostre interazioni sociali. Infine, l’inizio della fase 2 ha portato ad una nuova rottura di routine, quella che ci siamo costruiti dall’istituzione del lockdown e alla quale tutti ci eravamo più o meno abituati, seppur a fatica. Ora siamo chiamati a costruirne una nuova, che sia una “via di mezzo” tra la normalità precedente e la quarantena.
Come affrontarla allora? L’esperto Roberto Ferri stesso nell’articolo già citato dice che “questo è un problema collettivo e nessuno ne uscirà da solo”. E’ importante quindi chiedere aiuto a personale esperto qualora si verifichino queste difficoltà descritte, perchè la salute mentale di ognuno è importante quanto quella fisica e non prendersi cura di noi stessi non migliorerà la situazione. Nel nostro sito sono presenti alcuni link di professionisti ai quali è possibile rivolgersi. Vi sono inoltre alcuni consigli utili che è possibile comunque mettere in atto in caso di difficoltà:
- Non auto-costringersi ad uscire se non è necessario, ma ricominciare a piccoli passi, partendo magari da brevi passeggiate o riducendo le uscite alle necessità (come l’andare a fare la spesa).
- E’ possibile inoltre dedicarsi ad hobby all’aria aperta, come il giardinaggio o l’attività fisica.
- Evitare di leggere ed ascoltare troppe notizie legate all’emergenza, specialmente la sera prima di coricarsi; non per questo non dovete informarvi, ma cercate di limitare l’informazione al necessario e di leggere/ascoltare anche altri argomenti più piacevoli.
- Anche l’eccessivo uso del pc, per quanto spesso fondamentale, rischia di tenere le persone in uno stato di alienazione rispetto al mondo esterno: limitate di anch’esso l’uso a ciò che è necessario per il lavoro e la scuola, inoltre cercate attività per il tempo libero che non siano telematiche.
- Infine, può essere utile abituarsi gradualmente al cambiamento, modificando piccole parti della nostra nuova routine piano piano: per esempio programmate di non fare visita a diversi congiunti nello stesso giorno, ma partite dagli affetti più stretti con i quali passare non necessariamente un’intera giornata.
Sebbene questa sia la sindrome più diffusa e della quale anche l’OMS ha lanciato recentemente l’allarme, non è l’unico modo con il quale il nostro corpo manifesta pensieri e difficoltà della nostra mente. Sono infatti in aumento le segnalazioni ai servizi per disturbi d’ansia e attacchi di panico, disturbi post traumatici da stress, depressione, fobie specifiche legate per esempio all’uso della mascherina, sintomi ossessivo-compulsivi come il lavaggio ripetuto delle mani, somatizzazione etc.
Se temete per la vostra salute o per quella dei vostri cari non abbiate timore o pregiudizi: contattate personale psicologico esperto che possa aiutarvi nell’affrontare questo difficile momento.
Per un approfondimento: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/05/09/coronavirus-dopo-il-lockdown-la-sindrome-della-capanna-e-quella-paura-di-uscire/5796117/
A cura di Roberta Zonta