NON È MAI TROPPO TARDI
- Vanessa Battilana
- elementare
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La storia di un maestro che istruì l’Italia
I pranzi con le nonne regalano sempre qualcosa di nuovo, non a caso i nonni sono i custodi della saggezza e grandi narratori di esperienze uniche. Fu proprio in uno di quei pranzi che ad un certo punto sbucò un curioso scritto dall’armadio dei ricordi di nonna Onelia:
Il testo in questione era una cartolina, spedita da Cremona il 21 aprile 1966, scritta a mano in rigoroso corsivo da un’ottantottenne di nome Montagna Elvira alla nipotina, ora 91enne, cugina di primo grado di nonna Onelia. Fu da quella cartolina perfettamente (e anche un po' gelosamente) custodita per ben 57 anni che nostranonna Onelia iniziò a raccontare di come la signora Elvira negli anni ’60, assieme a numerosissimi italiani, imparò a leggere e a scrivere.
LA STORIA DEL MAESTRO MANZI
Alberto Manzi nacque nel 1924 a Roma. Dopo l’esperienza della guerra in marina, durante il secondo conflitto mondiale, scelse di dedicarsi all’educazione e al “fare il maestro”. Gli fu così affidato come primo incarico l’istruzione di un numeroso gruppo di ragazzi detenuti nel carcere minorile “Aristide Gabelli” di Roma. Ben quattro insegnanti prima di lui avevano rinunciato ma egli, con passione e motivazione, non solo guadagnò l’attenzione dei ragazzi ma li condusse all’apprendimento della letto-scrittura. Egli stesso affermò in seguito che “di tutti quei ragazzi, quando sono usciti dal carcere, solo 2 su 94, così mi fu detto, sono rientrati in prigione”.
Dopo aver pubblicato diversi romanzi e aver scritto una lettera all’allora Ministro dell’Istruzione Gonella, nel novembre del 1960 il maestro Manzi fece un provino alla Rai la quale stava cercando un insegnante per un nuovo programma televisivo per contrastare il diffuso analfabetismo degli adulti italiani. Fu così che nacque la trasmissione “Non é mai troppo tardi”.
Il programma era trasmesso tra il 1959 e il 1968 verso il tardo pomeriggio, per dare modo agli adulti di rientrare dal lavoro nei campi o dalle fabbriche. La nonna racconta che molte persone in quegli anni non possedevano un televisore in casa quindi si ritrovavano in qualche bar o presso altre abitazioni per poter seguire la trasmissione. Il pubblico dimostrò fin da subito un grande entusiasmo e tanta voglia di imparare, in fondo quegli spettatori avevano superato prove di vita molto più dure: le guerre mondiali, la povertà e il duro lavoro. Fu così che moltissime donne e uomini iniziarono l’apprendimento della lettura e della scrittura in fluente corsivo, grati per l’imperdibile occasione di liberarsi dalle catene dell’analfabetismo. “Non è mai troppo tardi” e il maestro Manzi riuscirono a far conseguire la licenza di scuola elementare a circa un milione e mezzo di persone, solo con l’ausilio di una lavagna e un blocco di carta in grado di sollecitare la sete di conoscenza degli spettatori.
“Non è mai troppo tardi” divenne nella storia un ineguagliabile esperimento di educazione premiato dall’Unesco nel 1965 come uno dei migliori programmi televisivi per la lotta contro l’analfabetismo. In una lettera indirizzata ai suoi alunni di quinta elementare il maestro Manzi scrisse: “Volevamo capire se era possibile fare qualcosa, insieme, per sanare le piaghe e rendere il mondo migliore. Ora dobbiamo salutarci… Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere. Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o “addomesticare” come vorrebbe… Siete capaci di camminare da soli a testa alta, perché nessuno di voi è incapace di farlo. Ricordatevi che mai nessuno potrà bloccarvi se voi non lo volete… Perciò avanti serenamente, allegramente”.
In questi giorni nella nostra associazione si stanno svolgendo numerosi corsi indirizzati ai bambini della scuola primaria e a quelli più grandicelli della secondaria. In tutte le nostre proposte formative, non senza qualche sbuffo dei piccoli partecipanti, insistiamo nel pretendere quaderni compilati con “bella grafia”, se possibile in corsivo, e ordine. Talvolta questa nostra richiesta suscita perplessità nei genitori: “ma mio figlio è dislessico”, “non è abituato al corsivo”, “già non vuole scrivere a casa, figurarsi se scriverà quattro ore filate al mattino” … Se da un lato comprendiamo queste lecite preoccupazioni, siamo tuttavia fermamente convinte che i nostri giovani cervelli in formazione abbiamo bisogno di “muovere le mani” poiché “in termini di costruzione del pensiero e delle idee, c’è un rapporto importante tra cervello e mano. La scrittura manuale in corsivo accende massicciamente aree del cervello coinvolte anche nell’attività del pensiero, del linguaggio, e della memoria” afferma la studiosa Virginia Berninger dell’Università di Washington. La pedagogista Stephanie Müller attribuisce la mancanza della manualità e la fatica a sostenere la scrittura in corsivo per più tempo, oltre che al poco esercizio, ad un fenomeno ben spiegato nella seguente citazione: “oggi si premono tasti, o si tocca uno schermo, tutte cose che richiedono l’uso di altri muscoli rispetto a quelli per tenere in mano una penna, e che non consolidano la coordinazione necessaria a scrivere in corsivo”.
Chiediamo dunque ai genitori di continuare ad investire tempo ed energia nella scrittura e nella formazione personale, attingendo da ogni possibile occasione di apprendimento sia esso scolastico che extrascolastico od esperenziale, poiché solo grazie alla cultura è possibile esercitare la capacità di pensare in modo autonomo, di fare scelte, perché si è capito come fare!
A cura di
Vanessa Battilana